Angelo Bombelli nacque il 31 dicembre 1878, e morì il 29 settembre 1961, a seguito di un incidente stradale. Come scritto dalla Figlia Giulia in suo ricordo: “..era retto, semplice generoso, di alto ingegno, consacrò il meglio di sé ad una operosità appassionata ed infaticabile..”
Nei miei ricordi di infanzia il nonno appare come una figura autorevole e severa, circondata da rispetto.
Gli incontri con Lui erano soprattutto in occasione del grande pranzo del 26 dicembre, in cui si festeggiava anche il suo compleanno. Una tavolata immensa radunava tutta la famiglia, nella grande sala da pranzo della villa in cui viveva, circondata da un bellissimo giardino e adiacente alla Officina. Noi nipoti eravamo liberi di scorazzare, mentre gli adulti ci prestavano poca attenzione e ci lasciavano liberi dentro e fuori casa. Nel dopo pranzo giocavamo al teatrino o ascoltavamo la nonna o qualche zia che suonava il piano.
Il nonno si aggirava sorridente, ma sempre un poco distante, come preso dai suoi pensieri.
Gli svaghi che si concedeva erano quelli di giocare a carte, ma solo a scopa, nella stanza del camino, adiacente alla sala da pranzo, la domenica pomeriggio. Al gioco delle carte erano invitati talvolta i fidati capo officina Galli e capo ragioneria Candiani.
Amava la natura e le rose che controllava ogni giorno con passione.
Era assolutamente proibito ai figli e nipoti il gioco del tennis, nel campo confinante con il muro della officina, per non urtare la sensibilità degli operai.
Quando i miei genitori si sposarono nel 1947 vennero invitati gli operai e gli impiegati a festeggiare con una torta e la mamma fu presentata a tutti.
Il suo desiderio di tramandare l’impresa in famiglia si era concretizzato nell’avviare i figli a supportarlo sia nella parte amministrativa (mio Papà Davide) sia in quella di Officina (i miei zii Luigi e Ariberto). Aspettava il nipote maschio per potere tramandare il nome e la discendenza, oltre alla prima generazione: quando dopo 5 femmine arrivò nel 1954 mio fratello Angelo (e negli anni a seguire mio fratello Enrico e altri nipoti maschi), il nonno portò orgoglioso nel taschino della giacca un fazzoletto azzurro.
Il nonno più volte al giorno si recava dal suo studio all’Officina: era benvoluto dagli operai perché viveva e lavorava con loro, dando esempio a tutti di dedizione e lavoro.
Quando molto spesso si recava a Roma o Napoli prendeva il vagone letto della notte, lavorava di giorno e rientrava sempre con il vagone letto, per non perdere una giornata lavorativa.
I personaggi che doveva incontrare erano progettisti del calibro di Luca Beltrami, Ing Momo, Marcello Piacentini, Vaccaro, Giò Ponti etc come attestato da corrispondenza e scambi progettuali. I progettisti venivano spesso in Officina, in particolare Luca Beltrami, ing Cesare Chiodi (che progetto anche l’officina stessa) e Piero Portaluppi.
La progettazione dell’Officina teneva contro anche della sicurezza e delle possibilità di svago degli operai. Lambrate gravitava e viveva intorno alle varie attività produttive.
Gli operai ricambiavano con dedizione e sacrificio, come quando per terminare la cancellata dell’altare della Patria Roma (Vittoriano) che doveva essere inaugurato il 4 giugno 1911, (in occasione della celebrazione dei cinquanta anni della Unità di Italia quale Monumento a Re Vittorio Emanuele II), lavorarono per giorni e notti ininterrottamente, forgiando sul posto le rosette di ferro battuto, su disegni approssimativi di Manfredi e definitivi della A. Bombelli, con assoluta perizia e competenza.
Il genio creativo di Angelo Bombelli si esplicitava nella sinergia e cooperazione progettuale tra impresa e progettisti, sulla base dei brevetti realizzati e depositati anche livello internazionale (ad esempio a New York nel 1920), contribuendo alla realizzazione sia di opere fondamentali dell’architettura moderna, sia di opere di design e qualità degli interni, quali velari bellissimi (es all’interno della Pinacoteca Vaticana, Gallerie di Italia), e di archivi e biblioteche (quali archivio del Senato e Montecitorio, Biblioteca Vaticana)
Mi piace pensare che il nonno amasse molto il cielo, le stelle ed il sole: fu protagonista assoluto nella realizzazione delle cupole astronomiche e torri solari in tutta Italia, contribuendo in modo importante allo sviluppo della astronomia moderna
Una personalità così eclettica e forte, è stata difficile da ricostruire, partendo dai ricordi, dalle testimonianze, e dal nascente archivio.
Nelle rare foto che lo ritraggono di fianco delle opere realizzate appare orgoglioso, lasciando spesso che i riflettori si accendessero soprattutto sopra i “progettisti/architetti”, quasi che il ruolo dell’impresa fosse complementare e non fondamentale come ora appare in tutta la sua evidenza.
Il nonno attraversò le due guerre mondiali: durante la prima guerra mondiale, contribuì alla vittoria Italiana, quale fornitore della Real Casa e realizzando ad esempio i portoni degli hangar per aereomobili/ idrovolanti, quali quelli realizzati all’isola di Sant’Andrea nella laguna veneta, da dove partirono le offensive liberatorie di Trieste.
La seconda guerra mondiale lo colse con i due figli maggiori impegnati in guerra, con l’Officina chiusa. La sua forza di volontà eccezionale lo guidò e lo sorresse.
“In motu Vita” nel movimento la vita. Questa frase (che l’arch. Stacchini pose come titolo al progetto della Stazione Centrale di Milano, in cui il nonno realizzò i velari della galleria di testa e delle carrozze), può forse sintetizzate la velocità e la competenza con cui Angelo Bombelli si mosse a Milano, in Italia e nel mondo, tenendo ben salda nelle sue mani la guida della sua azienda e della sua famiglia.